La mia casa è piena di libri e riviste italiane, soprattutto di cucina. Ho iniziato a cucinare per necessità, da molto tempo, e ora lo faccio per piacere. Sono amico del Cuoco e abbiamo pensato che in questi giorni di isolamento, confinati nelle nostre case, potremmo fare un «Grand Tour del Gusto» tra i due di ottime ricette d’Italia.
È difficile scegliere una ricetta per iniziare la sfida, ma qualsiasi percorso se inizia con il primo passo. Siamo in primavera, quindi, inizieremo con una ricetta con prodotti del tempo. L’agnello. Tempo di Pasqua.
Mentre sto facendo questo lavoro, la musica di Gino Paoli mi accompagna.
Buon appetito!!!
COSCIOTTO
DI AGNELLO AL VERMOUTH CON ACCIUGHE, CIPOLLE E PISELLI (*)
Per 4 persone
1 cosciotto di
agnello di circa 1,8 kg
2 spicchi d’aglio
2,5 dl di vermouth
secco
6 cipolle bianche
4 acciughe sott’olio
400 g di piselli
sgranati
olio extravergine
d’oliva
2 o 3 rametti di
menta
sale e pepe
ELABORAZIONE:
Sbucciate l’aglio
e tagliatelo a fettine. Con un coltellino affilato praticante dei
tagli profondi nel cosciotto e inseritevi le fettine d’aglio.
Condite la carne con sale, pepe e un filo d’olio e massaggiatela
bene con le mani, trasferitela in una teglia e infornatela a 220º
per cerca 2o minuti.
Intanto, sbucciate
le cipolle e tagliatele a metà in orizzontale. Bagnate il cosciotto
con metà vermouth e unite le cipolle. Riducete la temperatura del
forno a 180º e cuocete per 15 minuti bagnando il cosciotto col fondo
di cottura.
Versate nella teglia il vermouth rimasto, le acciughe sgocciolate e infornate per altri 20 minuti. Aggiungete i piselli e cuocete ancora per 15 minuti. A fine cottura trasferite il cosciotto su un piatto caldo, copritelo con un foglio di alluminio e fatelo riposare per 10-15minuti. Prima di servire, riscaldate piselli e cipolle unendo qualche foglia di menta e disponeteli attorno al cosciotto.
Ricetta facile
Preparazione 15
minuti
Cottura 1 ora e 10 minuti
Buon appetito!!!
Il cuoco
(*)ricetta abruzzese, tratto dalla rivista Sale&pepe
L’altro giorno leggendo il giornale Ara.cat ho trovato questo interessante articolo firmato da JOAN CALLARISSA, sotto il titolo «Mina, la diva absent», in occasione del suo 80º anniversario.
La prima volta che ho sentito Mina è stato tempo fa, in viaggio di studio in Italia, ha piovuto molto, ma ho seguito ascoltando le sue vecchie canzoni. E alcuni nuovi. La sua voce mi fa ancora sognare. E come dice Callarissa «Millor tancar els ulls, escoltar-la ben fort i confiar que aviat ens podrem tornar a enamorar de la vida».
MINA, LA DIVA ASSENTE
La cantante italiana si è ritirata nella sua torre d’avorio per 40 anni, dal momento che non riesce ancora a trovare locali notturni e da lì può ferire il nostro desiderio.
Amare
senza essere amato e non amato affatto è la cosa peggiore che ti
possa
accadere, la più disperata. Forse è per questo che la dolce assenza
di Mina, innaffiata da nuova musica quasi ogni anno, a volte è anche
molto amara. Perché mentre continua ad innamorarsi, non osa dirti
che non la vedrai
mai più dal vivo. Sono trascorsi 42 anni da quando ci ha piantati.
Per più di quattro decenni, siamo
stati coinvolti in un crudele interregno in attesa di una risposta
come Dio ordina o respinge una volta per tutte.
In questo vicolo cieco è cresciuto il mito di una donna che questa settimana ha 80 anni nella sua prigionia auto imposta. O meglio, imposta dal suo enorme successo, che era inevitabile se avessimo preso in considerazione tutti gli ingredienti che l’artista riunisce: potenza vocale, versatilità, espressività e stile così particolari da renderlo moderno né fuori moda. Cioè è ancora il classico che non ha mai smesso di essere in 60 anni di gare.
Anna
Maria Mazzini,è così che i suoi genitori l’hanno messa al mondo, è
nata in una famiglia borghese in Lombardia a Cremona. Grazie a sua
nonna Amelia, che era una cantante lirica, divenne presto contagiata
dalla musica. Giovanissima
inizia dove
nessuno avrebbe potuto immaginare
che sarebbe
finita, con
una carriera di oltre 1.500 canzoni registrate e milioni di copie
vendute.
In effetti, tutto è iniziato per scherzo, poiché aveva solo 18 anni quando ha cominciato a cantare in modo che i suoi amici smettessero di insistere. L’ha fatto nel leggendario locale La Bussola, a Marina di Pietrasanta in Toscana, quando era ancora giovanissima.È riuscita a imporsi con il colpo di scena della canzone Tintarella di luna e nessuno avrebbe pensato che, col tempo, questo sarebbe stato un semplice aneddoto.
Nel 1960 pubblicò il disco indimenticabile “Il paradiso in una strofa” – la famosa canzone omonima, per esempio, da una scena di Goodfellas di Martin Scorsese – con cui partecipò al Festival di Sanremo, dove fece ritorno l’anno successivo, quando cantava “Le mille bolle blu”. La follia aveva iniziato la sua strada e non era rimasto nulla per il salto al trampolino finale, il piccolo schermo, dove apparve nel 1958 interpretando “Nessuno come nessun altro”. La RAI in bianco e nero conquistò il cuore degli italiani attraverso la passione e il romanticismo, i due approcci all’amore che toccò meglio.
Ma
mentre continuava a registrare programmi televisivi e ad incidere
dischi che schiantavano i suoi avversari, la sua vita personale si
interpose tra lei e la sua carriera meteorica, trasformandola in una
notte nella cantante con più successo e nel simbolo di un’epoca.
Senza essere sposata nel 1963 rimase incinta dell’attore Corrado Pani
che, a differenza di lei era sposato. Ma la colpevole era Mina, che
fu condannata per ostracismo dalla RAI, che la costrinse a lavorare
in Germania per mantenere suo figlio, Massimiliano. Due anni di
lettere di cittadini alla televisione pubblica la riportarono
indietro, attraverso la porta grande.
Se prima aveva avuto successo, ora era un avvenimento sociale. Ha continuato ad avere successi come Città vuota (È un solitario) (1965), Un anno d’amore (1965), Se telefonando (1966) o Un colpo al cuore (1968) e il pubblico la adorava anche fuori dal suo paese, dal momento che non è tornato né davanti agli inglesi, né agli spagnoli o ai portoghesi – ottima la sua versione dell’Aguas di Março di Jobim. Ha anche cantato con grandi come Lucio Battisti o il suo caro amico Adriano Celentano. Ma una delle esibizioni più popolari è stata con Alberto Lupo, con il quale ha cantato “Parole, parole”. Era già il 1972 e quella dichiarazione di una donna che prendeva a calci il galante era la base più intima di una Mina.
Senza
abbandonare sue gonne corte, le sopracciglia, le ciglia XL o il
trucco drammatico, tutto sembrava in ordine, fino a quando senza
preavviso – né il direttore né il suo tecnico del suono, dicono –
nell’agosto 1978 è scomparsa dal palcoscenico, dai mass-media e
dalla vita pubblica fino ad oggi. Stava scappando da un paese che le
aveva dato tutto, ma non le aveva permesso di vivere. Era stata
circondata da paparazzi e polemiche per vent’anni. Inoltre, nel 1971
ha avuto un’altra figlia, Benedetta, dal giornalista Virgilio Crocco.
Un addio che non poteva essere discreto
Ma
anche l’addio sarebbe stato controverso. Erano trascorsi 15 anni
dalla prima punizione, ma Mina era ancora troppo avanti. Nello stesso
1978, ha pubblicato “Ancora, ancora, ancora”, un tema
indispensabile della sua carriera con un video. La RAI, tuttavia, ha
considerato la clip troppo sensuale ed ha evitato di trasmetterla a
schermo intero, suddividendola in piccoli video, che ritrasmettevano
l’intero video. La clip mostra solo il suo canto in primo piano, la
lucentezza delle labbra e un’illuminazione color rame. Tuttavia, il
suo magnetismo era così grande che la censura lo consideró
violento. Bastava ridicolizzarlo ancora una volta e renderlo di nuovo
indissolubile nella recente storia popolare del paese.
Con
il suo brusco addio, sembra che Mina non vedesse l’ora di comportarsi
come Pepa Flores e scomparire del tutto. Ma amava la musica, e ciò
che questa donna discreta ma libera non poteva sopportare era il
giudizio del pubblico. Da Lugano (dove vive dal 1966) ha continuato a
produrre musica. Sono passati quasi 40 anni dal disco dell’anno.
L’ultimo è del 2019 e il penultimo “Paradiso” del 2018, in cui
rivede i suoi successi con Battisti. Grazie, destino, per esserti
unita a loro!
Gli ultimi album all’avanguardia pieni di «boleros», bossa nova, jazz o persino musica sacra, ci hanno consolato della sua assenza. Ha collaborato con artisti di tutto il mondo desiderosi di cantare con lei.La cosa che ce la fa sentire più vicina è uno stream del 2001 durante la registrazione di un album dal vivo in studio – Oggi sono io su YouTube, per favore – che ha ricevuto 15 milioni di hit alla volta. .
Si può dire che Mina è presente o assente? Abbiamo l’amara speranza che torni o un dolce addio pieno di novità? Domande a cui non abbiamo potuto rispondere. Ma in tempi di così tanta incertezza, potrebbe essere meglio non farsi tante domande. Meglio chiudere gli occhi, ascoltarla e sperare che presto potremo innamorarci di nuovo della vita.
(*) Traduzione di Cecilia de Grazia
MINA, LA DIVA ABSENT
ARA.cat/ Joan Callarissa
80è aniversari
Mina, la diva absent
La cantant italiana fa 40 anys que viu retirada a la seva torre
d’ivori suïssa, des d’on encara treu discos i des d’on
perpetua el nostre enyor
Estimar sense que et diguin ni que també t’estimen ni que no
t’estimen gens és el pitjor que et pot passar, el més
desesperant. Potser per això la dolça absència de Mina,
regada amb música nova pràcticament cada any, a vegades també
resulta molt amarga. Perquè mentre segueix enamorant-te no
s’atreveix a dir-te que no la veuràs mai més en directe. Des que
ens va plantar ja han passat 42 anys. Més de quatre dècades
palplantats en un cruel interregne esperant ser correspostos com Déu
mana o rebutjats d’una vegada per totes.
En aquest impàs hem fet gran el mite d’una dona que aquesta
setmana ha fet 80 anys instal·lada en el seu captiveri autoimposat.
O més ben dit, imposat pel seu enorme èxit, que era inevitable si
tenim en compte tots els ingredients que reuneix l’artista:
potència vocal, versatilitat i una expressivitat i un estil tan
particulars que han fet que ara com ara no sigui moderna ni tampoc
estigui passada de moda. És a dir, que segueix sent el clàssic que
mai ha deixat de ser en 60 anys de carrera.
Anna Maria Mazzini, que és com li van posar els seus pares, va
néixer en una família burgesa de la Llombardia instal·lada a
Cremona. Gràcies a la seva àvia Amelia, que era
cantant lírica, aviat es va contagiar d’amor per la música. Uns
inicis innocents que ningú s’hauria imaginat mai que acabarien en
una carrera de 1.500 cançons enregistrades i milions de còpies
venudes.
De fet, tot va començar mig en broma, ja que només tenia 18 anys quan es va posar a cantar perquè els seus amics deixessin d’insistir-hi. Ho va fer tan bé -al ja mític local La Bussola, del poble toscà de Marina di Pietrasanta- que al cap de res ja era una icona juvenil. Triomfava amb el twist gràcies a la cançó Tintarella di luna i ningú pressentia que allò, amb el temps, quedaria en una simple anècdota.
El 1960 va treure
l’inesborrable disc Il cielo en una stanza –la
famosa
cançó homònima forma part, per exemple, d’una escena de la
pel·lícula Goodfellas,
de Martin Scorsese– després d’haver passat pel Festival de
Sanremo i abans de tornar-hi l’any següent, quan hi va cantar Le
mille bolle blu. Començava la bogeria al carrer i li quedava
res per al trampolí final, la petita pantalla, on ja havia aparegut
el 1958 interpretant com ningú Nessuno. A la RAI en blanc i
negre es va guanyar el cor dels italians a còpia de passió i
romanticisme, les dues aproximacions a l’amor que millor ha tocat.
Però mentre no parava de gravar gales televisives i discos que
feien pols les seves adversàries, la seva vida personal es va
interposar entre ella i la seva meteòrica carrera, cosa que la va
convertir de la nit al dia en més que una cantant d’èxit: en el
símbol d’una època. Sense estar-hi casada, el 1963 es va quedar
embarassada de l’actor Corrado Pani, que a
diferència d’ella sí que estava casat. Però qui ho va pagar va
ser Mina, que va ser condemnada a l’ostracisme per la RAI, que la
va abocar a anar a treballar a Alemanya per poder mantenir el seu
fill, Massimiliano. Dos anys de cartes de ciutadans
a la cadena pública van aconseguir que tornés. Evidentment, per la
porta gran.
Si abans havia tingut èxit, ara tota ella ja era un esdeveniment social. Va seguir traient hits com Città vuota (It’s a lonely yown) (1965), Un anno d’amore (1965), Se telefonando (1966) o Un colpo al cuore (1968) i el públic l’adorava. També fora del seu país, ja que no es feia enrere ni davant l’anglès ni tampoc del castellà o del portuguès -genial la seva versió de l’ Aguas de Março de Jobim, per cert-. També va cantar de la mà de grans com Lucio Battisti o el seu íntim amic Adriano Celentano. Però una de les actuacions més populars la va dur a terme amb Alberto Lupo, amb qui va cantar el Parole, parole. Era ja el 1972 i aquella declaració d’intencions d’una dona fent patir el galant eren les bases més internes d’una Mina a la qual havien castigat però que no es penedia de res.
Sense abandonar les faldilles curtes, les celles depilades, les
pestanyes XL ni el seu maquillatge dramàtic, tot semblava en ordre
fins que sense avisar -ni al mànager ni al seu tècnic de so, diuen-
l’agost del 1978 va desaparèixer dels escenaris, dels mitjans i de
la vida pública. I fins avui. S’esfumava d’un país que l’hi
havia donat tot però que no l’havia deixat viure. Portava vint
anys envoltada de paparazzis i de polèmica. A més, el 1971 havia
tingut una altra filla, Benedetta, del periodista
Virgilio Crocco.
Un adeu que no va poder ser discret
Però l’adeu també seria polèmic. Havien passat 15 anys del
primer càstig, però Mina seguia anant massa avançada. Aquell
mateix 1978 va editar Ancora, ancora, ancora, un tema
imprescindible de la seva carrera. Per ell mateix i pel seu
videoclip. La RAI, però, va considerar el clip massa sensual i va
evitar difondre’l a pantalla completa i la va dividir en moltes
petites pantalles, en les quals s’emetia l’original. Al clip
només hi surt ella cantant en primer pla, gloss als llavis
i una il·luminació en tons coure. No obstant això, és tant el seu
magnetisme que als censors els resultava violent. Prou per tornar a
fer el ridícul i convertir-la altre cop en part indissoluble de la
història popular recent del país.
Amb el seu brusc comiat, podria semblar que Mina estaria desitjant
fer com Pepa Flores i desaparèixer del tot. Però
ella estimava la música, el que no podia suportar més aquella dona
discreta però lliure era el judici públic. Des de Lugano (on viu
des del 1966) no ha deixat de produir música. Ha estat gairebé 40
anys anant a disc per any. L’últim és del 2019, i el penúltim,
Paradiso, del 2018, en què repassa els seus èxits amb
Battisti. Gràcies, destí, per ajuntar-los!
D’àlbums de portades avantguardistes farcits de boleros, bossa
nova, jazz o fins i tot música sacra, és del que ens ha
proveït des de la seva absència. També de col·laboracions amb
artistes d’arreu del món que malden per cantar amb ella. Això és
amb el que hem hagut de passar. El més similar a sentir-la que hem
tingut és un streaming el 2001 mentre gravava un àlbum en
directe a l’estudi -busqueu Oggi sono io a YouTube,
sisplau- que va fer caure el servidor amb 15 milions de peticions
d’accés alhora.
Amb tot, ¿podem dir
que Mina està present o està absent? ¿Patim l’amarga esperança
que torni o un dolç comiat farcit de novetats? Preguntes que no
aconseguim respondre’ns. Però en temps de tantes incerteses,
potser millor deixar de fer-se tantes preguntes. Millor tancar els
ulls, escoltar-la ben fort i confiar que aviat ens podrem tornar a
enamorar de la vida.
La visita che avrebbe dovuto avvenire domani venerdì è stata definitivamente cancellata perché il Parlamento delle Isole Baleari è stato chiuso al pubblico.
IN
COLLABORAZIONE CON “ESTOL CAPELLETS DE TEULADA”
“LA VALL DE PUNXUAT I EL CAMÍ DE LA COMUNA D’ALGAIDA”
Sabato
28
MARZOAndiamo
a camminare
Luogo
d’Incontro: Davanti
a Leroy Merlin dell’Ocimax di Palma(*)
Ora
di ritrovo:8:30.Si
prega puntualità.
Itinerario:Percorso
circolare. Piazza
del municipio (non c’è parcheggio)
–carrer
del Sol – Camí de Son Miquel Joan – Camí de muntanya -Punxuat
-Camí de Boscana -Algaida
Durata:
3,5ore
circa.
12
km.
Difficoltà:
Itinerario
praticamente
piano, ma con alcuni trami asfaltato. Non presenta nessuna
difficoltà.
Trasporto:
macchina
propria
(*)Per
quelli che vengono da fuori Palma l’appuntamento
èin
“Piazza
del Municipio”,punto
di partenza
dell’escursione,
alleore
9:15e
devono comunicarcelo. Si
prega puntualità. Ricordate
che non c’è parcheggio in piazza.
È
necessario iscriversi
Per
iscriversi all’escursione si prega di utilizzare l’indirizzo mail
Ricetta facile per 8 persone. Preparazione 45 minuti. Cottura 45 minuti.
INGREDIENTI:
PER LA BASE:
240 g di zucca lessata e passata al setaccio
90 g di zucchero di canna
0,5 dl di olio semi + quello per la teglia
110 g di farina
1 cucchiaio di amido di mais
3 cucchiai di cacao amaro
1/2 cucchiaino di sale
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
PER IL TOPPING:
240 g di zucca lessata e passata al setaccio
2 cucchiaio di amido di mais
1 baccello di vaniglia
30 g di zucchero di canna
3 cucchiai di latte di mandorle
2 cucchiaini di spezie miste (cannella, zenzero, noce moscata) in polvere
60 g di cioccolato fondente
PER IL CRUMBLE:
0,5 dl di olio di semi
50 g di zucchero di canna
60 g di farina
60 g di mandorle (o noci) tritate
ELABORAZIONE:
Per la base, mescola nel mixer 240 g di zucca lessata e passata al setaccio, 0,5dl di olio di semi (a scelta) e 90 g di zucchero di canna. Incorpora 110 g di farina setacciata con il cacao, 1 cucchiaio di amido di mais, il bicarbonato di sodio e il sale.
Rivesti di carta da forno una teglia rettangolare (circa 20×25 cm) e ungila leggermente d’olio. Versa l’impasto e pareggiatelo con una spatola.
Per il topping, incidete per il lungo la vaniglia e ricava i semini. Amalgama in una ciotola 240 g di zucca lessata e passata al setaccio con i semini di vaniglia, il latte di mandorle, 2 cucchiai di amido di mais, 30 g di zucchero di canna e le spezie (cannella, zenzero, noce moscata).
Spalmate la crema ottenuta sopra lo strato al cacao. Spezzetta il cioccolato e cospargetelo sullo strato di crema.
Per il crumble, mescolate 60 g di farina con l’olio, 50 g di zucchero di canna e le mandorle (o le noci) tritate, formando grosse briciole. Distribuisci il crumble sopra gli altri strati.
Cuocete a 180° per 45 minuti circa. Lascia intiepidire, poi trasferisci la teglia in frigo e fai raffreddare per almeno 2 ore o, meglio, fino al giorno successivo.
Togliete dal frigo una decina di minuti prima di tagliare a quadrotti e servire.
BUON APPETITO!!!
Il cuoco
(*)Ricetta fatta nel workshop di cucina italiana «Il buono della zucca» del Gruppo Culturale Italiano di Maiorca. Marzo 2020. Estratto dal libro Il Meglio di Sale&pepe collection (MONDADORI).
LA CUCINA MANTOVANA RAPPRESENTÒ UN PUNTO DI RIFERIMENTO IN EUROPA
Mantova è una città dove la cucina è (anche) cultura, con radici importanti che tanti ignorano, espressi perfettamente dalla filosofia ‘Di popolo e di corte’che animò il periodo d’oro dei Gonzaga. Tra il XV e il XVII secolo, la cucina mantovana rappresentò un punto di riferimento in Europa: i cuochi del Ducato furono i primi a saper coniugare piatti decisamente popolari con quelli elaborati, creando una scuola di pensiero gastronomico, codificata da Bartolomeo Sacchi. Il suo trattato ‘De honesta voluptate et valetudine’, pubblicato a Venezia nel 1474, si diffuse in tutte le corti e al di là delle grandi ricette conteneva una novità assoluta: insegnava l’uso delle risorse del territorio, a seconda delle stagioni, anticipando concetti oggi abituali.
La corte, grazie a cuochi straordinari come Bartolomeo Stefani – autore nel 1662 de “L’arte di ben cucinare”, uno dei primi testi sacri della cucina italiana- preparava banchetti sontuosi, utilizzando il meglio del territorio. Il popolo viveva di zuppe ma aveva le sue specialità come il lardo pestato con prezzemolo e aglio, buonissimo con la polenta, o il risotto alla ‘pilota’, che ancora oggi è il banco di prova di ogni cuoco mantovano di nome o di fatto. Niente a che fare con la guida: questo piatto deve il nome agli operai addetti alla pilatura del riso chiamati appunto “piloti”: è riso Vialone Nano cotto per assorbimento, condito con salamella mantovana e grana. Per la cronaca, la ‘capitale’ di questo piatto è considerata Castel d’Ario – borgo distante 20 km dalla città dove è nato Tazio Nuvolari – dove ha ricevuto una De.Co. a difesa della ricetta.
E poi si passa ai tortelli di zucca su cui ogni angolo di Padania – da Ferrara a Crema – vanta la superiorità. “E’ divertente constatare che man mano che procedi da Est verso Ovest, aumenta la componente di amaretti e mostarda – spiega Antonio Santini, mitico patron del Tre Stelle Michelin Dal Pescatore, che si trova a Canneto sull’Oglio, a sud di Mantova – mentre da noi la zucca e il Parmigiano Reggiano hanno più peso.” La carta dei Santini ha altri richiami al territorio come il pesce d’acqua dolce che i principi facevano arrivare dal Garda quando non lo recuperavano tra Oglio e Mincio o dai tre laghetti interni. “Proponiamo il luccio in bianco con la salsa o i gamberi di fiume. Un altro grande piatto è il risotto con i filetti di pesce gatto ed erba cipollina: sono ottimista, tra qualche anno lo torneremo a pescare dall’Oglio, come un tempo: le nuove generazioni sono molto più attente al territorio e all’ambiente”.
UN PO’ DI STORIA
Dovete sapere che i Gonzaga, signori di Mantova, una delle più note
famiglie principesche d’Europa, protagonisti della storia italiana
ed europea dal 1328 al 1707, non si erano sempre chiamati così e non
erano di famiglia nobile.
Il loro vero cognome era Corradi, divenuto poi Gonzaga perché
risiedevano in quel paese di campagna del basso mantovano.
In questa famiglia, divenuta molto ricca grazie all’allevamento
di cavalli di razza e con possedimenti di terreno molto estesi, il
primo ad ottenere il potere fu un certo Luigi.
Costui, all’alba del 16 agosto 1328 mandò all’interno della
città alcune truppe dell’esercito di Mantova e di Verona al
comando dei figli Guido, Filippino, Feltrino e del genero Guglielmo.
I soldati ricevettero l’ordine di vestirsi da mercanti,
mendicanti e viandanti e di radunarsi all’alba in piazza Sordello.
Così fecero e, mentre la popolazione di Mantova doveva ancora
svegliarsi, ad un cenno dei comandanti i soldati iniziarono a gridare
“Viva Gonzaga e Paserino mòra” (Viva i Gonzaga e Passerino
muoia); quest’ultimo era il soprannome di Rinaldo Bonacolsi, allora
signore di Mantova.
Costui, non capendo bene cosa stesse succedendo e credendo si
trattasse di ragazzacci, uscì imprudentemente in piazza,
orgogliosamente seduto sul suo destriero, pensando che la sua
presenza sarebbe stata sufficiente a placare la rivolta. Venne invece
trafitto da una freccia lanciata da Albertino da Saviola, fedelissimo
dei Gonzaga.
Rientrò velocemente a palazzo, ma arrivato sulla soglia, il
cavallo ebbe un brusco sussulto e Passerino, abbandonato sulla sella
a causa della ferita, morì sbattendo la testa contro lo stipite
della portone.
Per celebrare la vittoria Luigi Gonzaga ordinò che in chiesa
venisse cantato un “Te Deum”.
La leggenda vuole che mentre Luigi I assisteva alla funzione, si
avvicinò a lui una vecchina, che in realtà era una strega, la quale
gli predisse che i Gonzaga avrebbero avuto fortuna fintantoché
avessero tenuto con sé un esponente dei Bonacolsi.
Luigi allora, che non aveva nessuna intenzione di tenere presso di
sé alcun discendente dei suoi nemici, escogitò un ingegnoso
stratagemma per soddisfare le richieste della vecchina: fece
imbalsamare il cadavere di Passerino e lo tenne nel palazzo Ducale
come portafortuna.
Si dice poi, che l’ultima duchessa dei Gonzaga, impressionata da quel cadavere mummificato che si trovava in bella vista nel castello di San Giorgio, lo fece gettare nel Mincio, decretando così la fine della dinastia di questa famiglia e del loro potere sulla città di Mantova
RICETTA VELLUTATA DEI GONZAGA
VELLUTATA DEI GONZAGA
450 g di zucca
2 tuorli
50 g di farina di mandorle
8 dl di brodo vegetale
2 arance
parmigiano reggiano grattugiato
pane tostato
cannella in polvere
qualche rametto di coriandolo
50 g di burro
aceto di vino bianco
sale e pepe
Lavate la zucca, provatela dei semi, ricavate dal bordo qualche
fettina con la buccia e tenetela da parte. Eliminate la scorza dalla
zucca rimasta, tagliate la polpa a pezzetti, copriteli con il brodo
caldo e fate sbollire per 12-15 minuti, mescolando di tanto in tanto,
finché la zucca comincerà a disfarci. Frullate la zucca con il
mixer a immersione.
Scaldate in una padella 30 g di burro e tostatevi la farina di
mandorle; unitevi la crema di zucca preparata, mescolate, scaldate la
vellutata ottenuta e, se necessario, diluitela con 1 mestolino di
brodo caldo.
Lavate la arance e grattugiate 1 cucchiaino di scorza. Spremetele e
unite il succo alla vellutata. Un attimo prima di toglierla dal
fuoco, incorporate i tuorli; salate, pepate, unite anche la scorza
d’arancia e spegnete.
Fate fondere in un padellino antiaderente il burro rimasto con lo
zucchero e l’aceto. Quando lo zucchero si sarà sciolto e risulterà
ambrato, fatevi caramellare le fettine di zucca tenute da parte per
circa 1 minuto.
Distribuite la vellutata in ciotole individuali e completate con le
fettine di zucca caramellate, un pizzico di cannella e il coriandolo.
Servite con il pane tostato e il parmigiano grattugiato a parte.
Punto di incontro: Davanti alla porta d’entrata Club Sant Antonio de la Playa. (Ca’n Pastilla). Angolo con Ristorante La Mejillonera. C/ Nansas s/n. Alle ore 18:55, 5 minuti prima dell’iniziodel corso. Si prega puntualità.
IN COLLABORAZIONE CON “ESTOL CAPELLETS DE TEULADA”
“PENYA DES MIGDIA O PENYA ROJA
I EL CANÓ DES MORO”
Sabato 29 FEBBRAIO Andiamo a camminare
Luogo d’Incontro:Davanti a Leroy Merlin dell’Ocimax di Palma(*)
Ora di ritrovo:8:30.Si prega puntualità.
Itinerario:Percorso circolare. Santuari di Nostra Senyora de la Victória -Ses Tres Creus -Vessant de Sa Falguera -Indret del Coll des Jueus -Falda Puig del Romaní -Coll de La Solana -Forn de Bala Roja -Aljub -Penya des Migdia -Canó des Moro –Il ritorno sarà per la stessa via è tutto in discesa.
Durata: 4ore circa.
Difficoltà: Itinerario con una lieve salita. Ce qualche punto in cui si deve prestare attenzione. Il ritorno è tutto in discesa.
Trasporto: macchina propria
(*)Per quelli che vengono da fuori Palma l’appuntamento èin il “Santuari de Nostra Senyora de la Victória”,punto di partenza dell’escursione, alleore 9:30e devono comunicarcelo. Si prega puntualità
È necessario iscriversi
Per iscriversi all’escursione si prega di utilizzare l’indirizzo mail