QUANDO VIAGGIARE ERA UN’ARTE/Il romanzo del Grand Tour
CUANDO VIAJAR ERA UN ARTE/La novela del Grand Tour
Quando viaggiare era un’arte. Il romanzo del Grand tour
Nel Grand Tour, intrapreso per oltre due secoli da intellettuali e rampolli dell’aristocrazia europea, l’esperienza del viaggio diventa strumento di formazione. Si partiva per confrontarsi con l’ignoto, per «strofinare il proprio cervello contro quello degli altri», come diceva Montaigne, per conoscere le vestigia delle civiltà antiche. È della dimensione storica e letteraria del viaggio che trattano queste pagine, compresi gli aspetti materiali, tanto romanzeschi quanto misconosciuti, interrogandosi anche sul ruolo e il destino del viaggiatore nel mondo contemporaneo, quasi a verificarvi la perdila di un’affascinante occasione d’avventura intellettuale e di una nobilissima arte.
Il Grand Tour era un lungo viaggio nell’Europa continentale intrapreso dai ricchi dell’aristocrazia europea a partire dal XVII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere con partenza e arrivo in una medesima città. Aveva una durata non definita e di solito aveva come destinazione l’Italia.
Il termine turismo e più in generale il fenomeno dei viaggi turistici odierni come cultura di massa ebbero origine proprio dal Grand Tour.
Durante il Grand Tour, i giovani imparavano a conoscere la politica, la cultura, l’arte e le antichità dei paesi europei. Passavano il loro tempo facendo giri turistici, studiando e facendo acquisti.
L’Italia con la sua eredità della Roma antica, con i suoi monumenti, divenne uno dei posti più popolari da visitare. Oltre alla conoscenza del mondo antico, gli inglesi vennero così a contatto con le opere di Palladio a Venezia e nel Veneto e con il Neoclassicismo a Napoli. Durante il viaggio i giovani potevano acquistare, secondo le loro possibilità e i mezzi, numerose opere d’arte e cimeli, e visitare le rovine di Roma, ma anche di Pompei ed Ercolano che erano state riscoperte recentemente (a partire dal 1748). Tra le tappe più importanti del tour vi era sicuramente la visita al Lago di Como e in particolare a Lierna e a Fiumelatte, a Napoli ai Campi Flegrei che offrivano la possibilità di visitare sia siti archeologici che fenomeni naturali, quali l’attività vulcanica. Ne dà esempio Goethe nel suo Viaggio in Italia.
ATTILIO BRILLI, CRITICO LETTERARIO, DOCENTE E TRADUTTORE ITALIANO, MA SOPRATTUTTO STORICO DELLA LETTERATURA DI VIAGGIO
Attilio Brilli (Sansepolcro, 29 di marzo 1936) è un critico letterario, docente e traduttore italiano, storico della letteratura di viaggio.
Professore ordinario di Letteratura angloamericana all’Università di Siena e di Arezzo, si è occupato di letteratura anglofona (in particolare Swift e la satira inglese, Stevenson, James, Ruskin e altri scrittori inglesi, scozzesi, irlandesi e statunitensi), ma soprattutto di memorie di viaggio e del mito del Grand Tour, diventando uno dei più esperti e prolifici ricercatori nel campo della letteratura di viaggio. È stato presidente della Fondazione Museo civico di Sansepolcro. Ha collaborato a riviste come «Studi urbinati di storia, filosofia e letteratura» e alle pagine culturali di giornali, come «Il Sole 24 Ore».
Ritenuto uno tra i massimi storici della letteratura di viaggio, è autore di numerosi testi storici e interpretativi sull’argomento, tra i quali vanno citati lo studio sulla pratica del Grand Tour Quando viaggiare era un’arte (1995), gli itinerari evocativi tracciati nell’Italia centrale e descritti ne Il viaggiatore immaginario (1997), l’opera enciclopedica sulla pratica del viaggio in Italia dal Medioevo a oggi Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale (2006), le indagini sul viaggio come scoperta di un mondo altro de Il viaggio in Oriente (2009) e quelle sul viaggio come esplorazione e conquista illustrati in Dove finiscono le mappe (2012) e in Mercanti avventurieri. Storie di viaggi e di commerci (2013), in cui sono descritte le epiche imprese dei mercanti del Medioevo che aprirono nuove vie ai commerci fra Oriente e Occidente. Tra i suoi lavori più recenti occorre citare Gerusalemme, La Mecca, Roma. Storie di pellegrinaggi e di pellegrini e Il grande racconto del viaggio in Italia. Itinerari di ieri per viaggiatori, entrambi editi nel 2014, la curatela del volume collettaneo La Mecca rivelata. Avventure di esploratori europei nelle città sacre dell’Islam (2015), Il grande racconto dei viaggi d’esplorazione, di conquista e d’avventura (2015),Il grande racconto delle città italiane (2016) e Gli ultimi viaggiatori nell’Italia del Novecento (2018); nel 2020, Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure e Il grande racconto del favoloso Oriente.
Traduzione di José Ramón Monreal
¿Qué es el arte de viajar en nuestros días, cuando los desplazamientos se han vuelto obligatorios e incesantes? En otras épocas, aquellos que tenían ocasión de peregrinar a sus anchas supieron practicarlo como uno de los más refinados. El Grand Tour, emprendido entre los siglos xvii y xix por los miembros de las clases altas en compañía de auténticos eruditos que les hacían de guías, es la mejor ilustración de ello. Este viaje a través de Europa, y más específicamente hacia Italia, constituía una experiencia didáctica cuyo objetivo era la formación del joven noble. Se partía para enfrentarse con lo foráneo y para conocer los vestigios de las civilizaciones antiguas, y era, sobre todo, una respuesta a la vieja exigencia formulada por Montaigne: «Se debe viajar para conocer el espíritu de los países que se recorren y sus costumbres, y para frotar y limar nuestro cerebro con el de los demás». Reconstruir la historia artística y literaria del Grand Tour significa también examinar sus aspectos materiales: los medios de transporte, las formas y normas de la hospitalidad, el trasfondo social de los viajeros y la percepción que sus contemporáneos tenían de estos aristócratas fuera de sus países. Attilio Brilli nos abre las puertas de esa dimensión histórica y literaria del viaje, mostrando el desarrollo del Grand Tour como una prolongación del humanismo. Al final de sus páginas entenderemos no sólo en qué consistió, en otro tiempo, el arte de viajar, sino también que su desaparición supuso el fin de una de las formas más bellas de la aventura intelectual.