TEMPO DI BALLO IN MASCHERA, TEMPO DI FRIGGERE
Certamente non è facile indagare sulle origini di una festa come il carnevale, le cui tracce storiche nessuno ha potuto o voluto realmente conservare. Non è possibile nemmeno fare luce sui diversi aspetti che ne caratterizzano i festeggiamenti, in quanto, nel corso dei secoli e in realtà geografiche diverse, il carnevale si è arricchito di sfumature sempre nuove.
L’etimologia del termine «carnevale» risale, con ogni probabilità, al latino carnem levare, espressione con cui nel Medioevo si indicava la prescrizione ecclesiastica di astenersi dal mangiare carne a partire dal primo giorno di Quaresima, vale a dire dal giorno successivo alla fine del carnevale, sino al «giovedì santo» prima della Pasqua. Il carnevale infatti, nel calendario liturgico cattolico-romano si colloca necessariamente tra l’Epifania (6 gennaio) e la Quaresima. Le prime testimonianze documentarie del carnevale risalgono ad epoca medievale (sin dall’VIII sec. ca.) e parlano di una festa caratterizzata da uno sregolato godimento di cibi, bevande e piaceri sensuali. Per tutto il periodo si sovvertiva l’ordine sociale vigente e si scambiavano i ruoli soliti, nascondendo la vecchia identità dietro delle maschere.
I festeggiamenti culminavano solitamente con il processo, la condanna, la lettura del testamento, la morte e il funerale di un fantoccio, che rappresentava allo stesso tempo sia il sovrano di un auspicato e mai pago mondo di «cuccagna», sia il capro espiatorio dei mali dell’anno passato. La fine violenta del fantoccio poneva termine al periodo degli sfrenati festeggiamenti e costituiva un augurio per il nuovo anno in corso. Nelle varie manifestazioni carnevalesche è possibile individuare un denominatore comune: la propiziazione e il rinnovamento della fecondità, in particolare della terra, attraverso l’esorcismo della morte. Il periodo carnevalesco coincide più o meno con l’inizio dell’anno agricolo, un chiaro indizio che permette di collegare direttamente il carnevale alle feste greche di impronta dionisiaca (le feste in onore di Dionisio, dio greco del vino, caratterizzate dal raggiungimento di uno stato di ebbrezza ed esaltazione entusiastica, che sfociavano in vere e proprie orge), e a quelle romane dei Saturnali (solenne festa religiosa, che si celebrava in onore del dio Saturno e durante la quale si tenevano cerimonie religiose di carattere sfrenato e orgiastico, che prevedevano tra l’altro la temporanea sospensione del rapporto servo-padrone). Lo stretto rapporto esistente tra queste feste e alcuni costumi del carnevale è evidente, anche se ignorato dai più. In tempi recenti gli storici hanno insistito maggiormente sull’origine agraria e sociale del carnevale. Esso è irrisione dell’ordine stabilito e capovolgimento autorizzato, limitato e controllato nel tempo e nello spazio dall’autorità costituita. In altre parole la festa del carnevale era vista dalle classi sociali più agiate come un’ottima valvola di sfogo concessa ai meno abbienti allo scopo di garantirsi il protrarsi dei propri privilegi. Non meno interessante è l’origine e la valenza demoniaca di alcune tra le maschere carnevalesche più famose e antiche, come quella nera sul volto di Arlecchino o quella bipartita (bianca e nera) di Pulcinella. Studi sul significato psicologico della volontà di indossare una maschera hanno mostrato che l’irresistibile attrazione esercitata dal carnevale sta proprio nella possibilità di smettere di essere se stessi per assumere le sembianze e il comportamento della maschera. Questa scelta, quando non è condizionata da fattori economici, rivela interessanti, e talvolta inaspettati, aspetti psicologici di una persona. Queste brevi note storiche, lungi dall’esaurire l’argomento, vogliono far riflettere il lettore sulla reale origine del carnevale e sull’impossibilità per ogni cristiano, separato dalle usanze del mondo e consacrato a Dio, di lasciarsi coinvolgere sia pure dal minore di questi aspetti.
TEMPO DI FRIGGERE (*)
Il significato ultimo del Carnevale si concentrava sul cibo: de carnevale se fa baldoria, si mangia e si beve a sazietà, senza misura.
La tradizione prevedeva un cibo “grasso”, il maile, acompagnato da vin bon e fritole, frittelle, con tre scadenze “festive”: il primo, a metà, e l’ultimo di Carnevale. Nelle domeniche, con l’onto, unto di maile, si confezionava el brazelo, una ciambella, oppure el bigoloto, una focaccia, spesso di farina gialla. Fare le fritole, è come dire “fare carnevale”; le frittelle rappresentano il “dolce”, l’espressione “rituale” domestica del Carnevale
La “forma” delle frittelle e gli “ingredienti” (farina, dolci, grasso) riportano alla confezione de cibi “dei morti”: il Carnevale costituisce “la morte dell’inverno” e il “passaggio” alla stagione produttiva.
Infatti, la forma e gli ingredienti della frittella restano inalterati per secoli: piccola e rotonda, fatta con acqua, farina, zucchero e unto di maile. Questo, anche se il nome cambia e potevano chiamarsi fritole, faete, sossole.
FRITO’LE A’LA VENESSIANA
Ingredienti:
400g di farina di frumento tipo 0
25 g di lievito di birra fresco
50 g di zucchero
2 uova
100 g di uvetta
latte
grappa
olio di semi di mais
50 g di zucchero vanigliato
sale
Sono le popolari frittelle tipiche del carnevale veneziano di cui esistono diverse varianti. In questa ricetta viene proposta l’utilizzo dell’olio di semi al posto dello strutto, come si usava un tempo.
Lavare l’uvetta e lasciarla in ammollo in un tazza con la grappa per circa mezz’ora. Versare la farina in una terrina e incorporarvi un po’ di latte, lo succhero e le uova, formando un impasto abbastanza tenero. Salare leggermente, unire il lievito sciolto in un po’ d’acqua tiepida e l’uvetta scolata dalla grappa e strizzata; amalgamare con molta cura. Sistemare quindi l’impasto in un luogo tiepido e riparato e lasciarlo lievitare per circa 2 ore.
Trascorso questo tempo, scaldare dell’olio in na padella e, appena è fumante, varsavi l’impasto con l’aiuto di un cucchiaio: quando le frittelle si rapprendono, voltarle con una schiumarola e lasciarle in padella finché avranno assunto un bel colore dorato. Infine scolare e lasciarle asciugare su carta assorbente da cucina.
Disporre a mano a mano le frito’le su un piatto da portata e infine imbiancarle con lo succhero vanigliato.
Le zeppole, le frittelle di Carnevale che si mangiano a Napoli
Fritte e ricoperte di zucchero, le zeppole sono il dolce tipico di Carnevale che veniva preparato a Napoli dall’inizio dell’800. Ingredienti semplici e tanto gusto per una frittella che piace a tutti
Le zeppole sono le frittelle preparate a Napoli, croccanti fuori e morbide dentro, tipiche dei giorni di Carnevale, la cui preparazione risale all’800, quando si improvvisavano friggitorie all’aperto e chiunque passeggiava per la città con cesti ricolmi di zeppole da portare a casa o da regalare ad amici e conoscenti. Dolce povero ma gustosissimo, viene ancora oggi preparato per i giorni di festa e la ricetta è rimasta pressoché la stessa di sempre. Le zeppole si friggono in abbondante olio e si possono guarnire con zucchero semolato o con miele, secondo il gusto.
La ricetta delle zeppole di Carnevale
Ingredienti: 250 g patate lessate e sbucciate, 250 g farina 00, latte tiepido, 25 g lievito di birra, scorza di limone, 2 uova, 50 g burro, 50 g zucchero, un pizzico di sale, olio per friggere.
Procedimento: Disponete la farina a fontana, aggiungete le patate schiacciate, sciogliete il lievito in poco latte, incorporatelo alla farina e alle patate, unite il burro, lo zucchero e le uova.
Iniziate a impastare e unite poi la scorza di limone e per ultimo il sale. Se l’impasto fosse troppo denso, aggiungete un po’ di latte. Lasciate lievitare la pasta coperta da uno strofinaccio per almeno due ore. Dividetela poi in piccoli panetti, rotolateli sul tavolo infarinato e formate dei cordoncini dello spessore di un dito. Tagliateli a circa 20 cm e chiudeteli a ciambella, incrociando le due estremità una sull’altra. Disponete tutte le zeppole su un canovaccio infarinato, copritele con un altro telo e sopra tutto ponete una coperta di lana non troppo spessa. Fate lievitare le vostre zeppole ancora per circa un’ora e quando saranno ben gonfie, friggetele, una alla volta, in abbondante olio di arachide, sino a che saranno dorate da entrambe le parti. Scolate poi l’olio in eccesso su un foglio di carta assorbente, lasciatele raffreddare e poi cospargetele di zucchero semolato e servite.
Buon Carnevale e buon appetito!!!
Il Cuoco
(*) Ricette tratte di Baíco’li, Za’leti, Ga’lani, «La dolce Serenissima Republica», e di «La Cucina Italina».