La storia raccontata in Seta è ambientata nella seconda metà dell’Ottocento e il protagonista è il giovane commerciante di bachi da seta francese Hervé Joncour. Hervé è sposato con Hélène e il suo lavoro consiste nel comprare i bachi da seta quando sono ancora delle uova e allevarli fino a quando non escono dal bozzolo lasciando così a Hervé la loro preziosa eredità di seta. A causa delle epidemie che colpiscono gli allevamenti europei, Hervé inizia ad andare in Siria e in Egitto per comprare i bachi. Tuttavia le epidemie arrivano anche in Egitto e in Siria. Gli affari del piccolo paese di Lavilledieu, dove molti come Hervé vivono grazie alla lavorazione della seta, sono compromessi.
La Francia, i viaggi per mare, il profumo dei gelsi a Lavilledieu, i treni a vapore, la voce di Hélène. Hervé Joncour continuò a raccontare la sua vita, come mai, nella sua vita, aveva fatto. «Questo non è un romanzo. E neppure un racconto. Questa è una storia. Inizia con un uomo che attraversa il mondo, e finisce con un lago che se ne sta lì, in una giornata di vento. L’uomo si chiama Hervé Joncour. Il lago non si sa.»
ALESSANDRO BARICCO, L’AUTORE DI SETA
Alessandro Baricco nasce nel 1958 a Torino, dove si laurea in Filosofia.
I primi scritti che pubblica sono sulla musica, grande passione di Baricco. Tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli 90 scrive molti articoli di critica musicale e pubblica i saggi Il genio in fuga e L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin.
Nel 1991 esce il suo primo romanzo, Castelli di rabbia, a cui seguirà nel 1993 Oceano mare, con il quale vince il Premio Viareggio. In questi anni lavora anche come conduttor televisivo per diversi programmi culturali della Rai.
Nel 1994 esce il monologo teatrale Novecento, una delle opere migliori di Baricco, da cui nel 1998 il regista Giuseppe Tornatore trarrà un film.
Nello stesso anno fonda a Torino la scuola di narrativa Holden, nella quale si sono formati e si formano tutt’ora molti giovani scrittori italiani.
Ci vediamo giovedì 17di febbraio !!!con SIMONETTA AGNELLO HORNBY e «Nessuno può volare»
Tempo di Natale. Tempo di cucina, tempo di doni e gioia. È ora di viverla in famiglia.
INSALATA DI RADICCHI AL TARTUFO NERO
Ingredienti:
1 cespo di radicchio rosso di Treviso
1 cespo di radicchio variegato di Castelfranco
1 cespo di radicchio di Verona
20 g di tartufo nero
40 g di parmigiano reggiano grattugiato
100 g di lamponi
1 cucchiaio di aceto di mele
40 g di pistacchi sgusciati
olio extravergine di oliva
sale
Mondate i radicchi, tagliate quello di Treviso a bastoncini le foglie grandi di quello di Castelfranco a grossi pezzetti e disponetele insieme a quelle del radicchio di Verona elegantemente nei piatti. Pulite il tartufo e tagliatelo a lamelle. Frullate la metà dei lamponi e passateli attraverso un colino a maglie fini, mescolate il coulis con l’aceto di mele, 4 cucchiai di olio e una presa di sale ed emulsionate gli ingredienti.
Scaldate una grossa padella antiaderente, distribuite il parmigiano sul fondo in modo da creare una sfoglia sottile e cuocetela su fiamma bassissima fino a quando il parmigiano si è sciolto e diventa croccante senza dorare. Trasferite la cialda su un foglio di carta da cucina, lasciatela raffreddare e rompetela in pezzi.
Scaldate leggermente un cucchiaio di olio in un padellino, unite il tartufo, scaldatelo pochi secondi e distribuitelo sulle insalate. Unite i lamponi rimasti e i pistacchi spezzettati, condite con la vinaigrette e completate con la cialda di parmigiano.
PETTO DI TACCHINO QUASI ALLA “WELLINGTON”
Ingredienti:
1 fetta di fesa di tacchino battuta e allargata (1 kg circa)
200g di prosciutto crudo
800 g di funghi misti surgelati
600 g di funghi misti freschi
2 fette di pane in cassetta
40 g di acciughe sott’olio sgocciolate
1 mazzetto di prezzemolo, maggiorana, rosmarino
1 rotolo di pasta sfoglia
1 tuorlo
1 cucchiaio di latte
1 spicchio d’aglio
olio extravergine d’oliva
sale
pepe
Schiacciate lo spicchio d’aglio e rosolatelo con un filo di olio. Eliminatelo prima che prenda colore, poi unite i funghi surgelati e rosolateli finché saranno ben asciugati. Lasciateli intiepidire e tritateli nel mixer con il pane privato della crosta, un pizzico di sale e di pepe e una manciatina di foglie di prezzemolo lavate.
Tritate metà del prosciutto con le acciughe e un po’ di aghi di rosmarino. Distribuite uniformemente il trito sulla fetta di tacchino, arrotolatela e legatela con spago da cucina.
Rosolate l’arrosto in un tegame con un filo di olio fino a doratura, 15 minuti circa. Lasciatelo intiepidire, quindi eliminate lo spago e coprite l’arrosto con il composto di funghi preparato, distribuendolo uniformemente con le mani appena umide.
Rivestite poi con le fettine di prosciutto avanzate e quindi con la pasta sfoglia. Spennellate la superficie con il tuorlo diluito con il latte a cui avrete aggiunto una macinata di pepe e cuocete nel forno caldo a 190º per 30 minuti controllando che la sfoglia non colorisca troppo. Rosolate a parte anche i funghi freschi con un filo di olio, sale e pepe. Insaporiteli con qualche fogliolina di maggiorana e serviteli con il tacchino.
PAN DI SPAGNA AL CACAO FARCITO CON CREMA DI ZUCCA E ARANCIA
Ingredienti:
Pan di Spagna al cacao
220 g di farina di farro
50 g di cacao amaro
40 g di farina di mais fioretto
40 g di fecola di patate
2 cucchiaini di cremor tartato
1 cucchiaino di bicarbonato
1 cucchiaio di aceto di mele
100 g di zucchero integrale di canna
300 ml di latte di roso
80 ml di olio di semi
70 ml di olio extravergine d’oliva
50 ml di panna di riso
Crema di zucca e arancia
850g di zucca pulita da buccia e semi
1 arancia non trattata (succo e scorza)
1 cucchiaino di malto di riso
1 pizzico di cannella in polvere
Preparate il pan di Spagna al cacao e fatelo raffreddare completamente prima di tagliarlo orizzontalmente con un coltello. In base all’altezza della torta potete pensare di realizzare uno o due tagli.
Tagliate la zucca a pezzi cuocetela al vapore 10 minuti circa.
Schiacciatela poi con una forchetta per ottenere la crema, passatela con un frullatore a immersione se la volete ancora più liscia.
Aggiungete il succo e la scorza di mezza arancia, la cannella e il malto. Mescolate bene per amalgamare il tutto. Assaggiate per regolare il dolcificante e la spezia in base ai vostri gusti.
Usate questa crema per farcire il pan di Spagna al cacao.
Con la mezza arancia restante potete spennellare leggermente le superfici tagliate, prima di distribuirvi la crema.
Ricette tratte dalla rivista sale&pepe
Dolci Vegan
Il Cuoco
AUGURI!!! E BUON NATALE !!!
INVERNO: TEMPO DI RADICCHI
Che pecà che i pecà sie pecà, ovvero “peccato che i peccati siano peccato”, ripetono i golosi del Veneto, regione che ha trasformato uno dei cibi più umili, la cicoria selvatica, in punta di diamante del mercato orticolo, il radicchio allevato con la tecnica della forzatura. Scrivere radicchio è in verità un errore: nella regione del Leone dell’evangelista Marco esistono almeno 9 varietà, di cui 5 tutelate dal marchio Igp. Una storia lunga almeno 500 anni. A metà Cinquecento Pietro Andrea Mattioli, nei suoi Discorsi sopra Dioscoride, accenna a tecniche di imbianchimento che facevano uso di coperture di sabbia e terra testimoniando come questa tecnica si fosse mantenuta quasi immutata dai tempi della Roma antica. Ma pochi anni prima, nel 1561, il Prefetto dell’Orto Botanico di Padova Luigi Squalermo ha lasciato testimonianza di una cicoria invernale coltivata nel Veneto, anch’essa da imbianchire, nel suo I semplici dell’eccellente… Le cronache più recenti riportano invece la data del 20 dicembre 1900 come giorno della prima Mostra del Radicchio, celebrata sotto la Loggia dello splendido Palazzo dei Trecento a Treviso. Da allora è stato un crescendo di successi tra cuochi e massaie, che hanno premiato il saper fare delle centinaia di agricoltori dediti alla produzione di radicchi nel Veneto.
Radicchio di Verona Igp: forma e raccolta
Una delle capitali del radicchio è Verona, che vanta una propria Igp. Inizialmente le colture si concentravano tra i filari delle viti o degli alberi da frutta per l’autoconsumo, ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso la coltivazione estensiva su terreni sabbiosi ben irrigati è diventata una costante del paesaggio della Bassa veronese. Il Radicchio di Verona Igp, di forma ovale appena allungata, si caratterizza per la presenza della variante precoce, con raccolta che inizia il 1° ottobre, e di quella tardiva, che si ricava dal 15 dicembre. La prima ha foglie prive di peduncolo con margine lineare e colore rosso scuro; la seconda ha la nervatura delle foglie molto sviluppata e di colore bianco. La fase di forzatura, ovvero imbianchimento, alla quale è sottoposta la variante tardiva regala alle foglie un colore rosso scuro intenso, una consistenza croccante e un gusto elegante, leggermente amarognolo.
Radicchio rosso di Treviso Igp precoce
Anche Treviso fa rima con radicchio praticamente tutto l’anno. Le campagne sono in fermento già nel mese di agosto, quando si mette mano alla preparazione del Radicchio rosso di Treviso Igp precoce, dal cespo voluminoso, allungato e ben chiuso. Nelle fertili campagne di Treviso, Venezia e Padova difese dall’Igp, ricche di sorgive e soggette a particolari escursioni termiche, le piante maturano dopo che le foglie sono state legate con un elastico e tenute serrate, prive di luce, per almeno 15 giorni. Un peccato di gola dalla nervatura di colore bianco e foglie rosso brillante, dal sapore leggermente amarognolo e mediamente croccante che rende felici i gourmand dal 1° settembre, giorno in cui può essere immesso sul mercato.
Radicchio di Chioggia Igp: versione precoce o tardiva
A Chioggia l’importanza dell’orticoltura nell’economia locale è seconda solo alla pesca. Ricerche effettuate nella città lagunare manifestano che già nel 1923 il radicchio era entrato nella rotazione agraria. Sono passati cent’anni, non certo di solitudine, per il Radicchio di Chioggia Igp: gli ortolani locali hanno custodito con cura i semi autoctoni che fanno germogliare e crescere in semenzaio dal 1° dicembre ad aprile per la versione precoce (che si raccoglie dal 10 aprile al 15 luglio tra Chioggia e Rosolina) e dal 20 giugno al 15 agosto (con raccolta tra il 1° settembre e il 31 marzo) per quella tardiva. Il territorio di coltivazione è caratterizzato da una forte presenza di minerali e da brezze marine che evitano il ristagno di umidità nei cespi. Così, dal 2008 questa delizia amarognola, dalla forma sferica e colore amaranto con nervature bianco perla, è entrata nell’empireo dell’Igp.
Radicchio variegato di Castelfranco Igp
A seguito dell’apertura manuale del cespo e della toelettatura assomiglia invece a una rosa il Radicchio variegato di Castelfranco Igp per forma e colore delle foglie, un bianco-crema con striature che virano dal carminio allo scarlatto. L’area di produzione, che ricalca quasi del tutto quella degli altri radicchi trevigiani, si caratterizza per i terreni ben drenati. Delicato alla vista e delicato al gusto: lo amano coloro che apprezzano il sapore fine, dolce e con punte poco accennate di ammandorlato. Per questa ragione e per la croccantezza, il suo consumo elettivo è soprattutto a crudo, in insalata, ma conquista anche cotto al forno. I cespi, tondeggianti come il fiore, sono ben compatti, formati da foglie dal bordo frastagliato con diametro di circa 15 cm.
Radicchio rosso di Treviso Igp tardivo
La forzatura del Radicchio rosso di Treviso Igp tardivo avviene a partire dai primi giorni freschi di ottobre. I cespi vengono raccolti dal campo e collocati in apposite vasche, coperte e con poca luce, sistemati con la radice immersa nell’acqua corrente di risorgiva. La pianta utilizza come alimento solo le riserve accumulate dalla grossa radice durante l’estate, così che si sviluppano nuove, tenere e croccanti foglie dal colore rosso intenso. Gesti sapienti sfoltiscono foglia dopo foglia fin a che appare il cuore, simile all’impugnatura di una spada, tanto da guadagnarsi l’appellativo di radicio spadon. Tutti belli, colorati e allegri da vedere, i radicchi: quasi un peccato mangiarli.
Rivista sale&pepe
SALEPEPE.IT
Dicembre 2021
Acura di Enza Dalessandri, testo di Riccardo Lagorio
«Tutti gli uccelli sanno volare, ma nessun essere umano ci è mai riuscito. Nessuno. Nessuno può volare».
Quando si nasce in una famiglia come quella di Simonetta Agnello Hornby, si cresce con la consapevolezza che si è tutti normali, ma diversi, ognuno con le proprie caratteristiche, talvolta un po’ «strane». Attraverso una serie di ritratti affettuosi, facciamo cosi la conoscenza di Nini, sordomuta, della bambinaia Giuliana, zoppa, del padre con una gamba malata, e della pizzuta zia Rosina, cleptomane… E poi naturalmente conosciamo George, il figlio maggior e di Simonetta. Non è facile accettare la malattia di un figlio, eppure è possibile, e la chiave di volta risiede proprio in quel «nessuno può volare»….
SIMONETTA AGNELLO HORNBY (PALERMO, 1945) ha esordito con La Mennulara (Feltrinelli, 2002. Fra i suoi titoli più celebri, La zia marchesa, Boccamurata,Ventoscomposto, La monaca, Il veleno dell’oleandro, Caffè amaro (tutti Feltrinelli), Un filo d’olio (Sellerio) e La mia Londra (Giunti). Nel 2016 il presidente della Repubblica le ha conferito l’onorificenza dell’Ordine della Stella d’Italia nel grado di Grande Ufficiale.
IN COLLABORAZIONE CON “ESTOL CAPELLETS DE TEULADA”
“L’ALZINA DE SA COMUNA DE BUNYOLA”
Sabato 27 novembre Andiamo a camminare
Luogo d’Incontro: Ma 2020. Fermata dell’autobus a destra, marchesina di legno, arrivando a Bunyola, se si viene dalla strada vecchia o de Santa Maria, passato il cimenterò, 200m. Davanti, a sinistra, c’è un parcheggio di terra. E un cartello indicando «La Comuna». Punto d’inizio dell’escursione. (*)
Ora di ritrovo: 9:15. Si prega puntualità.
Itinerario: Percorso circolare. Fermata dell’autobus ingresso Bunyola -Carrer rètol groc «Corte Vell» -Carrer de la Lluna -Cases de Can Regalim -Camí des Grau – S’Alzina de Sa Comuna -El Planiol (Retorn) -Tornarem enrere fins trobar la bifurcació el Comellar d’en Cupi -Bunyola.
Durata: 4 ore circa. Più o meno 11 km.
Difficoltà: Media, la prima parte tutta è in salita. Più o meno una oretta e mezza per arrivare in cima. Il ritorno è tutto in discesa.
Trasporto: macchina propria.
(*) Si mantiene lo stesso punto d’incontro a Leroy d’Ocimax Palma, nel caso ci siano persone che vogliono partire da questo punto. Ma deve essere comunicato. 8:45. Si prega puntualità.
È necessario iscriversi
Per iscriversi all’escursione si prega di utilizzare l’indirizzo mail
"OGNUNO DI NOI È L'ORGANIZZATORE E RESPONSABILE DEI SUOI PASSI""IL NOSTRO DOVERE E OBBLIGO È RISPETTARE LA NATURA E LASCIARE IL SENTIERO DOVE CAMMINIAMO MEGLIO DI COME L’ABBIAMO TROVATO
Nel caso si annullli l’escursione contatteremo solamente con la gente che ha confermato la partecipazione
In autunno, nel Monferrato e nelle Langhe, il prezioso Tuber magnatum Pico, il tartufo bianco, riempie le tavole con il suo profumo penetrante. Si serve affettato al momento, in lamelle sottili, sopra i tajarin, su agnolotti e tartare di carne e, sopratutto, sulle uova al tegamino. In questo piatto, rende preziosa una sinfonia di sapori già articolata e ricca.
CASTAGNE:TESORO DEL BOSCO
Sono il frutto del castagno, deliziose da gustare da sole o in ricette dolci e salate. Devono presentarsi sode al tatto, senza bolle di aria o imperfezioni, come forellini e lacerazioni. Prima di cuocerle va praticato un taglietto orizzontale sulla buccia, sul lato piatto, che penetri fino alla polpa.
Poi si possono lessare per 25-30′ a arrostire si nell’apposita padella forata per 20-30′ (le famose caldarroste) sia in forno a 200ºC per 35-40′, aggiustando i tempi in base alla dimensione.
Una volta cotte va eliminata la buccia (pericarpo) e la pellicola (episperma) che avvolge il seme all’interno.
Oltre a quelle fresche, disponibili da ottobre a dicembre, si trovano in commercio anche secche (richiedono un ammollo di 2 ore); surgelate e precotte, da sbollentare per 1-2′, già lessate, in buste sottovuoto; in farina.
PURÈ DI CASTAGNE E MASCARPONE AL MIELE
Ingredienti per 4 persone
200g castagne lessate
150g mascarpone
70g yogurt bianco
20g nocciole sgusciate
1 cucchiaio di miele acacia
Mescolate in una ciotola il mascarpone con lo yogurt e il miele.
Tritate grossolanamente le nocciole con il coltello.
Passate le castagne al passaverdura con il disco a fori larghi ottenendo un purè.
Distribuitelo in coppette singole e completate con il mascarpone e le nocciole tritate.
FRITTELLE D’AUTUNNO
Ingredienti per 35 frittelle
250g farina di castagne
25 g uvetta
1/2 baccello di vaniglia
vino bianco
zucchero a velo
olio oliva extravergine
olio di arachide
Ammorbidite l’uvetta in un bicchiere di vino bianco, secco o dolce a piacere.
Ricavate i semini della vaniglia tagliando il baccello a metà per il lungo e raschiandolo e mescolateli in 300g di acqua.
Trasferite la farina di castagne in una grande ciotola e versatevi sopra gradualmente l’acqua alla vaniglia, mescolando con la frusta fio a ottenere una pastella cremosa e liscia; aggiungetevi un cucchiaio di olio di oliva extravergine, amalgamate e lasciate riposare per 1 ora.
Scaldate abbondante olio di arachide in una casseruola bassa e larga; tuffatevi poca pastella per volta facendola cadere da un cucchiaio aiutandovi con un altro cucchiaino, e friggetela per mezzo minuto, finché non si rassoderà formando delle frittelle dorate.
Sgocciolate via via le frittelle su carta da cucina, spolverizzatele con lo zucchero a velo e servitele subito.
Famiglia e Borghesia sono i due capitoli che compongono questo libro della Ginzburg scritto nel 1977. Due storie di smarrimento e di crisi familiare in cui i personaggi che annodano e dipanano i loro destini sembrano trascinati da una casualità capricciosa che inventa incontri sorprendenti, amicizie scontrose, fragili amori, tenaci avversioni. Come avviene nelle sue pagine migliori, Natalia Ginzburg segue gli arabeschi di queste esistenze incrinate con uno stilo distillato, in un sommesso ma implacabile controcanto che reinventa la musica banale e terribile della vita.
Edizione a cura di Domenico Scarpa, con antologia critica e cronologia della vita e delle opere.
NATALIA LEVI GINZBURG (Palermo 1916 – Roma 1991)
Ha scritto molte opere di narrativa e testi teatrali, oltre a saggi di critica letteraria e di attualità politica. Negli Einaudi Tascabili sono disponibili; È stato così, Tutti i nostri ieri, Valentino, Le voci della sera, Lessico famigliare…..I tanti altri.
LA SUA VITA
La sua vita ha attraversato eventi storici difficili, pesantissime tragedie personali. Cresce a Torino in un ambiente intellettuale e antifascista: continui controlli della polizia, la prigione che tocca diversi membri della sua famiglia, tra cui il padre e alcuni dei fratelli. Sono anni che sintetizzerà bene, in seguito, nel suo Lessico famigliare (1963). Nel 1938 si sposa con Leone Ginzburg, che nel 1940 viene mandato al confino in un piccolo paese dell’Abruzzo, e con lui vivranno Natalia e i tre figli (Carlo, Andrea, Alessandra) fino al 1943. Ricorderà quel momento in un testo delle Piccole virtù (1962), un tempo vissuto come un passaggio scomodo e che si rivelerà essere invece il più felice. Tra il 1943 e il 1944, i Ginzburg presero parte a diverse attività di editoria clandestina. Al loro ritorno a Roma, Leone fu arrestato e condotto in prigione, dove morì per tortura, senza poter rivedere la moglie ed i tre figli. La scrittrice torna a Torino e, al termine della guerra, inizia a collaborare alla casa editrice Einaudi. Traduzioni, romanzi, saggi, opere di teatro: la sua attività di scrittrice riempie i decenni successivi. Si sposerà di nuovo, nel 1950, con Gabriele Baldini, che morirà nel 1969. E sarà anche parlamentare (1983 e 1987), eletta nella Sinistra Indipendente, attiva in iniziative per la difesa dei diritti e contro il razzismo. È lì che io l’ho conosciuta. Scrivere queste righe ha significato per me rendermi conto di qualcosa di inaspettato: come una persona che da tanti anni non è più con noi possa, a un tratto, essermi di nuovo vicina. Un’emozione profonda, che non conoscevo. Natalia, nel ricordo, è proprio lei: affettuosa con le persone che le sono attorno, molto consapevole dei problemi umani e politici del mondo di cui siamo parte. Schiva e discreta. Silenziosa, in molte occasioni. Sempre attenta. La sua presenza non si deforma, non si appanna. È la persona grazie alla quale ho capito come incontrare generazioni, esperienze, e pezzi di storia differenti da quelli che viviamo, possa costituire un “ponte” molto importante – se lo sappiamo utilizzare – per imparare, in qualche modo, a vivere: consapevoli, anche fiduciosi. Ci sono momenti e aspetti difficili, della vita e della storia; ma magari, andando avanti, di tutto questo capiremo il senso. Quel che succede attorno a noi, cercare di capirlo; e riuscire a fare la nostra parte. Non starne fuori, o ai margini. Un disorientamento estremamente attento, che sta tutto nella misura dell’umano. Questo c’è nei suoi scritti. Il suo linguaggio è “umile”; lo sono i titoli dei romanzi, Le voci della sera (1961); Lessico famigliare (1963), Ti ho sposato per allegria (1966); La città e la casa (1984). Ci sono le “piccole cose”, la “vita quotidiana” (termini usati in alcuni filoni della sociologia: dunque, anche in questo c’è tra noi un legame). I personaggi che nella sua scrittura arriviamo a conoscere come se davvero li avessimo incontrati, per quanto ci sono messi vicino, nei gesti semplici, nelle parole e anche in quello che non dicono, vivono negli anni del fascismo, delle leggi contro gli ebrei, di Mussolini e dell’Asse Roma-Berlino, della guerra. Ho chiara in mente (Tutti i nostri ieri, 1952) la descrizione del momento in cui si sparge la notizia della caduta del fascismo, e si parla dell’armistizio, e si spera che sia tutto finito. Ma poi arrivano i tedeschi, e invece «gli inglesi non arrivano mai». Molti dei suoi libri sono costruiti attraverso lo sguardo di donne. C’è la vita di bambine (Natalia, in Lessico Famigliare), di giovani ragazze incinte, di vecchie (la «signora Maria»), di donne adulte con i loro figli (Lucrezia, La città e la casa) le contadine, le borghesi. E gli uomini: quelli in guerra, lontani per mesi e per anni; quelli di cui si sapeva solo che erano “in Russia”. Cenzo Rena e Franz che si consegnano ai tedeschi per salvare la vita di dieci ostaggi innocenti, e vengono fucilati: sono le ultime pagine dei “nostri ieri”. Ho amato moltissimo l’invenzione (appunto nell’ultimo testo che ho citato) di mettere insieme le lettere di persone, familiari, amici, che si tengono in contatto o si ritrovano (e cambiamenti, sofferenze, il passare del tempo). Il tono, le parole sono quelle della vita di ogni giorno e delle “piccole cose”, che però sono parte di vicende storiche complesse, pesanti. Complesse e pesanti anche le sue esperienze, a partire dalla morte terribile di Leone Ginzburg, il marito torturato e ucciso in carcere nel ‘44. Di questo lei non parlava mai. Ci siamo “viste” per la prima volta (entrambe come neodeputate elette nella Sinistra Indipendente, ed entrambe “nuove” dell’ambiente) nel corso di una affollata riunione, in una stanza di Montecitorio. Mi ero seduta vicino ad alcune altre persone del nostro “gruppo” quando è entrata, un po’ incerta tra tanta gente in quel contesto inconsueto. Sono andata verso di lei e le ho suggerito di venire dove già alcuni di noi erano seduti. Da allora, mi ha definito il suo “angelo custode” nelle prime esperienze parlamentari, quelle burocratiche in particolare: fare il tesserino di deputato, identificare la propria cassetta postale tra le molte centinaia disponibili, trovare l’ascensore giusto per salire ai piani superiori. Allora c’erano queste cose, poi certo molto sarà cambiato nel palazzo. Abbiamo passato insieme molto tempo: le sedute durante i lunghi dibattiti parlamentari, riunioni di ogni tipo, convegni. Nel 1989 abbiamo costituito, insieme ad altri, l’associazione Italia/Razzismo. E momenti liberi: a casa sua a Roma; una volta a Sperlonga durante le vacanze e anche un’estate, chissà come, in Val d’Aosta, con Vittorio Foa. Voglio ricordare anche lui, che mi è altrettanto caro. I figli, i nipoti. In un paio di occasioni anche Giulio Einaudi: lui mi sembrava poco contento che io fossi tra i piedi, proprio non c’entravo con il loro mondo. In effetti non ricordo che si sia mai parlato dei suoi romanzi o di letteratura in generale: forse avrei dovuto farlo. Certe sue brevi frasi comunque mi sono rimaste in mente. Alcune dei suoi libri; altre, di momenti vissuti insieme: quelle dell’ultima volta che ci siamo viste. Abbiamo parlato di cose quotidiane, come sempre. Il giorno dopo mi hanno chiamato, e ho saputo che non c’era più. Le tengo dentro di me: con gratitudine e un senso di profonda tenerezza.
Laura Balbo
IMPORTANTE
Considerazione importante: È difficile trovare un distributore internazionale che spedisca i libri dall’Italia in breve tempo. Ci vuole circa un mese per ottenerlo fisicamente.
SUGGERIMENTO PER L’ACQUISTO DAL LIBRO
1º Ognuno di noi può acquistarlo direttamente attraverso il canale che preferisce.
2º Attraverso il GdLi che realizzerà l’ordine in una libreria locale. Gli interessati che scelgono questa opzione possono effettuare ordine appena possibile alla mail
gruppoculturaleitalianomairoca@gmail.com
Una stanza senza libri è come un corpo senz’anima» (Marco Tulio Ciceron)
«Quando penso a tutti i libri che mi restano ancora da leggere, ho la certezza di essere ancora felice»(Jules Redard)
IN COLLABORAZIONE CON “ESTOL CAPELLETS DE TEULADA”
«EL CAMÍ DE L’ESCOLTA»
LE SCOGLIERE E BELVEDERE SULLA MARINA DI VALLDEMOSSA
Sabato 30 OTTOBRE Andiamo a camminare
Luogo d’Incontro: Davanti a Leroy Merlin dell’Ocimax di Palma (*)
Ora di ritrovo: 8:45. Se prega puntualità.
Itinerario: Parada Bus TIB Valldemossa – Direcció Port de Valldemossa -Son Mas -Es Portalet -L’ullastrar -Mirador del Barranc -Mirador del Port -Mirador de la Volta de l’Escolta -Mirador de la Font Figuera – Can Costa -Camí de l’Ermita de la Trinitat. Ritorrneremo lungo un piccolo marciapiede dalla strada Deià a Valldemossa
Durata:. 2h30’ senza contare le fermate.
Difficoltà: 2 sopra 5.
Trasporto: macchina propria
(*) Coloro che provengono da altri luoghi fuori Palma saranno alle 9:30 davanti alla fermata dell’autobus TIB di Valldemossa, all’inizio di “Avinguda dels Platers”. Ricorda che a Valldemossa c’è l’ORA e devi parcheggiare fuori dalle vie principali del paese. Se prega puntualità.
È necessario iscriversi
Per iscriversi all’escursione si prega di utilizzare l’indirizzo mail
gruppoculturaleitalianomaiorca@gmail.com
Nel caso si annulli l’escursione contatteremo solamente con la gente che ha confermato la partecipazione
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IN COLLABORAZIONE CON “ESTOL CAPELLETS DE TEULADA”
“DE S’ALMUNIA FINS ES MÀRMOLS”
LE SPETTACOLARI SCOGLIERE DELLA COSTA SANTANYINERA
Sabato 25 SETEMBRE Andiamo a camminare
Luogo d’Incontro: ATENZIONE!!! Rotonda tra Mercadona e Poliesportiu Germans Escales de Palma (a la fine della via Sebastià Arrom) vicino l’Estadi Balear, campo sportivo dove gioca l’Atlètic Baleares (*)
Ora di ritrovo: 8:30. Se prega puntualità.
Itinerario: Cala s’Almunia -Ses Falconeres -Es Bauç -Ses Piquetes -Cala Figuereta -Es Màrmols . La tornada se farà per l’interior fins a l’altura de les Talaies del Bauç on s’ajunta de bell nou amb el tirany de l’anada.
Durata:. 4h30’ senza contare le fermate. Si prevede di fare due bagni e uno spuntino e pranzo lungo il percorso.
Difficoltà: 2’5 sopra 5.
Trasporto: macchina propria
(*)Quelli che vengono da altri luoghi fuori Palma il incontro sarà alle 9:30 nel parcheggio pubblico di Cala Llombards, sulla sinistra, di fronte all’ingresso a Cala S’Almunia. Strada Santanyí a Cala Llombards. Si prega puntualità.
È necessario iscriversi
Per iscriversi all’escursione si prega di utilizzare l’indirizzo mail
gruppoculturaleitalianomaiorca@gmail.com
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